Strategie invasive o conservative per la patologia coronarica stabile: uno studio randomizzato

Lo scopo principale del trattamento di pazienti con patologia coronarica stabile è quello di ridurre il rischio di morte e l’insorgenza di eventi ischemici, oltre che di aumentare la qualità di vita.

Prima della grande diffusione di stent coronarici medicati, diversi trial hanno cercato di individuare l’effetto aggiuntivo della rivascolarizzazione in aggiunta alla terapia medica, concludendo che non è stato osservata una diminuzione del numero di morti o di infarto del miocardio.

I ricercatori del gruppo ISCHEMIA hanno condotto questo trial con lo scopo di determinare l’effetto di una strategia invasiva in aggiunta alla terapia medica, se confrontata alla sola terapia medica in pazienti con patologia coronarica stabile e ischemia da moderata a severa.

In questo studio randomizzato multicentrico che ha incluso 5179 pazienti, sono stati assegnati casualmente 2588 pazienti con patologia coronarica stabile o ischemia moderata o grave ad un iniziale trattamento invasivo che include una angiografia coronarica e rivascolarizzazione quando possibile in aggiunta alla terapia medica. I rimanenti 2591 pazienti sono stati assegnati ad una strategia conservativa di prevenzione secondaria con modifiche dello stile di vita e trattamento farmacologico, mantenendo l’angiografia solo in caso di fallimento della terapia medica.

L’outcome primario dello studio è il numero composito di: morti per cause cardiovascolari, infarto miocardico e il numero di ospedalizzazioni per angina instabile, scompenso cardiaco o arresti cardiaci successivamente rianimati. Tra gli outcome secondari troviamo il numero composito di morti per cause cardiovascolari o infarto del miocardio, e qualità di vita angina-relata.

In un periodo mediano di 3.2 anni, sono stati riportati 318 eventi di outcome primario nel gruppo trattato con strategia invasiva e 352 eventi nel gruppo trattato con strategia conservativa. A 6 mesi, il numero cumulativo di eventi era 5.3% nel gruppo trattato in modo invasivo e 3.4% nel gruppo trattato in modo conservativo (differenza, 1,9 punti percentuali; intervallo di confidenza al 95% [CI], 0,8-3,0). A 5 anni, il tasso di eventi cumulativi atteso è rispettivamente del 16,4% e del 18,2% (differenza, -1,8 punti percentuali; IC 95%,  -4,7 – 1,0). I risultati sono del tutto sovrapponibili per quanto riguarda l’outcome secondario. Ci sono stati 145 decessi nel gruppo con strategia invasiva e 144 decessi nel gruppo con strategia conservativa (HR, 1.05; IC 95%,  0,83 – 1,32).

Questo studio di grandissima rilevanza, va comunque interpretato nel contesto di alcune limitazioni. La potenza dello studio è stata diminuita dalla riduzione del numero di pazienti da 8000 a 5179, oltre che di un periodo modesto di follow-up. È bene specificare che questi risultati non si applicano a pazienti con sindrome coronarica acuta, patologie coronariche con stenosi significative della coronaria sinistra, bassa frazione d’eiezione, scompenso cardiaco in classe NYHA III o IV, o in quei pazienti sintomatici nonostante l’utilizzo di terapia medica massimale.

In questo studio randomizzato controllato, non è stata trovata evidenza statisticamente significativa che il trattamento invasivo, se confrontato ad un approccio conservativo, riduca il rischio di eventi cardiovascolari ischemici o il numero di morti per ogni causa in un periodo mediano di 3.2 anni.

 

  1. J. Maron et al., “Initial Invasive or Conservative Strategy for Stable Coronary Disease,” N. Engl. J. Med., vol. 382, no. 15, pp. 1395–1407, Mar. 2020.

Link all’articolo:
https://www.nejm.org/doi/full/10.1056/nejmoa1915922

Letture consigliate:
https://www.ahajournals.org/doi/10.1161/CIRCULATIONAHA.120.050304

https://www.ahajournals.org/doi/10.1161/CIRCULATIONAHA.120.048194

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